Un poeta e brontolone di talento racconta la sua vita in una birreria all'aperto


Aleksandra Pawloff / Giovani e giovani
Deve essere stata una nostalgia seria, se non addirittura tossica: dal 1983 Ludwig Fels ha vissuto a Vienna e nel 2018 ha esordito con un testo sulla Franconia in Assia, in cui si è nuovamente immerso nelle peculiarità del suo luogo di nascita: "Una domenica con me e la birra" si è trasformato in un'estesa resa dei conti tra profondo affetto e abissale derisione, in altre parole in un rapporto di amore-odio che Fels ha scritto con gusto. Ora, quattro anni dopo la scomparsa improvvisa del poeta, il libro è stato pubblicato.
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La casa editrice Jung-und-Jung di Salisburgo, che supervisiona il lavoro di Fels, ha ricevuto il manoscritto dall'eredità della sua vedova, Rosa Fels. Così ora è come se ascoltassimo lo scrittore, nato nel 1946 a Treuchtlingen, nella Franconia centrale, riflettere ancora una volta, ricordare, rabbrividire e gioire. Da brontolone dotato di talento, ci viene incontro in una giornata splendida, trascorrendola con determinazione e con un sacco di birra in una birreria all'aperto. Lo colloca intelligentemente in diversi punti della Franconia, a Fürth, naturalmente a Treuchtlingen, ma anche nello spazio aperto della Bratwursthäusle di Norimberga, dove i turisti lo infastidiscono e la cameriera lo adora.
Uno sciame selvaggio di sireneAmbientazione: Fels deve essere raccontato per la televisione e all'inizio una telecamera ronza attorno all'uomo scontroso che in realtà vuole solo essere lasciato in pace. Ma è un esemplare di una razza in via di estinzione: "In realtà, non sono un poeta operaio. Se sono qualcosa, sono un assistente scrittore operaio con un diploma in dattilografia". Bisogna immaginare una persona istruita e laboriosa, con le maniche rimboccate, i gomiti immersi nel tubo del water e, allo stesso tempo, "che dirige le muse come uno sciame di sirene impazzite". Questa classificazione dà davvero sui nervi a Fels: non riesce a scrollarsi di dosso l'immagine del proletario della poesia, solo perché nella sua giovinezza in Franconia scriveva poesie come su una catena di montaggio al Werkkreis Literatur der Arbeitswelt (Letteratura di gruppo del mondo del lavoro) e romanzi sul cantiere.
Naturalmente c'è del vero. Inizialmente Ludwig Fels creava le sue opere nelle poche ore libere che aveva dopo il lavoro. E chi lo conosceva lo avrà sicuramente visto a tarda notte in qualche pub locale, con una penna in mano e pensieri che sembravano ronzargli nella testa tranquilla. Fels, in quanto poeta, perseverò. Seguirono successi con poesie e infine romanzi («I peccati della povertà», 1975, «Un'assurdità d'amore», 1981). Ma questa Franconia divenne ben presto troppo angusta, troppo soffocante, troppo gravata da esperienze giovanili tutt'altro che piacevoli: per lui la casa era anche povertà, privazione, privazione dell'amore, niente di piacevole da ricordare con affetto. Naturalmente, come scrittore, egli attinse a queste amare esperienze: nei suoi libri diffidava degli idilli, considerandoli drammi omicidi.
Successo dopo la misura successivaCosì ora è seduto nella birreria all'aperto, l'assistente alla scrittura, che farfuglia tra sé e sé, giocando con il suo dialetto duro-morbido come un cucciolo che sorride e lascia andare al guinzaglio in modo che possa mordere forte sui polpacci gli sconosciuti durante le loro gite turistiche. È un po' un Achternbusch, che sbircia da dietro il suo bicchiere di birra senza dire niente di buono sul mondo. Sogna il successo, che sicuramente arriverà dopo la prossima messa, non importa quanto i “Lideradurgridiger” dubitino di lui. In ogni caso, nella roccia c'è un genio e il primo premio Nobel francone per la letteratura. Inviò una poesia di quattro versi al “Nürnberger Nachrichten”, che la pubblicò prontamente, e nel ristorante della stazione vennero tenute delle letture, “che durarono dai dodici ai tredici secondi e furono un completo successo”. Un sognatore e un lamentatore che purtroppo non mette a dura prova i suoi versi poetici.
A un certo punto, questo testo meravigliosamente divertente diventa malinconico, e poi diventa un'autobiografia timida, quasi triste, un pezzo sulle occasioni mancate e sulla sfida di trarne vantaggio. Seduto alla sua scrivania a Vienna, attraversa i paesaggi della Franconia e incontra le persone che amava e quelle che disprezzava. Fels mette ordine nel suo divenire e tutto culmina nella semplice affermazione: "Sono qui, non dirò nulla".
Natascha Wodin ha definito questo “Autoritratto in una birreria all’aperto” (come suggerisce il sottotitolo) la “potente testimonianza di un uomo incorruttibile”. Ma non c'è nulla da aggiungere.
Ludwig Fels: Una domenica con me e la birra. Autoritratto nella birreria all'aperto. Jung-und-Jung-Verlag, Salisburgo 2025. 110 pp., p. 31,90.
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