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La politica che non riesce a rinnovarsi

La politica che non riesce a rinnovarsi

Il Portogallo sta attraversando un periodo elettorale intenso: elezioni regionali a Madeira, elezioni legislative nazionali, locali e presidenziali. Sebbene questo calendario sia comune nella vita democratica, c'è una felice coincidenza: cade proprio quando si celebra il 50° anniversario delle prime elezioni libere e democratiche nel nostro Paese.

I portoghesi sono stati chiamati alle urne e, sorprendentemente, hanno contraddetto alcune teorie e narrazioni politiche che insistono sull'idea di un elettorato stanco.

La democrazia è viva e non è noiosa. Gli indicatori di partecipazione politica sono incoraggianti e rivelano una crescente mobilitazione civica. Vediamo: nelle elezioni regionali di Madeira del 2024, il tasso di astensione è stato del 46,6%, scendendo al 44,02% nel 2025; nelle elezioni legislative nazionali, l'astensione si è attestata al 40,16% nel 2024, per poi scendere al 35,62% nel 2025. Speriamo che questa tendenza positiva continui anche nelle elezioni locali e presidenziali.

Aumenta la partecipazione, ma le riforme restano rimandate. La democrazia ha bisogno di più che di voti: ha bisogno di rinnovamento. Nonostante le vicissitudini – sfiducia nel sistema, nei processi e, spesso, nei suoi protagonisti – dietro questi dati c'è una legittima speranza, che ci auguriamo di vedere rafforzata a favore della vitalità democratica e della capacità dei cittadini di influenzare la direzione del Paese.

La democrazia è la via. Eppure nessuno può dirsi soddisfatto quando il 30, 40 o 50% degli elettori resta a casa. È il riflesso di una cittadinanza attiva ma disillusa, soprattutto quando il dibattito politico si allontana dalle persone e dalla costruzione di politiche pubbliche che abbiano un impatto positivo sulla vita quotidiana. Viviamo spesso in una democrazia basata sul pubblico, in cui la visibilità conta più della sostanza. È urgente affrontare, senza sotterfugi, la necessità di riformare il sistema politico portoghese, adottando misure che incoraggino, facilitino e dimostrino la partecipazione politica.

Invece di evitare o rinviare le elezioni, dovremmo discutere seriamente i cambiamenti strutturali di cui il sistema politico ha bisogno. Cambiamenti spesso rimandati per timore di perdere potere e privilegi. Innanzitutto: voto elettronico, riorganizzazione amministrativa dello Stato, limiti di mandato, migliori stipendi per i politici, meccanismi di rendicontazione continua dei titolari di cariche pubbliche, promozione di iniziative legislative popolari, consultazioni pubbliche digitali e deliberative, piattaforme di monitoraggio dell'attuazione di proposte e programmi politici, un nuovo modello di finanziamento dei partiti, possibilità per i movimenti cittadini di candidarsi a tutte le elezioni e metodi di conteggio che sfruttino tutti i voti espressi.

Forse sarebbe più produttivo, invece di ripetere che la gente è stanca delle elezioni, riflettere profondamente su ciò che porta a questa percezione: l'usura delle istituzioni, la frammentazione del sistema partitico, la mancanza di rinnovamento interno, la perdita di credibilità degli agenti politici e l'assenza di proposte reali e trasformative. La stanchezza è raramente presente nell'atto elettorale stesso; risiede nella scarsa qualità della rappresentanza, nella ripetizione di vuote promesse e nella crescente distanza tra rappresentanti eletti ed elettori.

Non possiamo continuare con il Portogallo in due modi: da un lato, promuovendo un paese modello, con indicatori di crescita; dall'altro lato, un Paese vero, dove questi miglioramenti non si traducono in opportunità o qualità della vita per tutti.

Che i portoghesi non si stanchino mai delle elezioni, perché il giorno in cui ciò accadrà, la democrazia, che ha richiesto tanti sacrifici per essere realizzata, potrebbe cessare di essere uno stile di vita.

observador

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