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Mazzoleni apre la sua terza galleria a Milano

Mazzoleni apre la sua terza galleria a Milano
Arteconomy

Davide Mazzoleni

Dopo Ropac, un’altra galleria annuncia l’apertura in autunno di uno spazio a Milano: è Mazzoleni di Torino, fondata nel 1986 da Giovanni e Anna Pia Mazzoleni come evoluzione della loro collezione privata, iniziata a metà anni ’50. Diretta oggi dai figli, Davide e Luigi Mazzoleni, dal 2014 ha anche uno spazio a Londra. Davide Mazzoleni ci ha spiegato perché ora arriva a Milano e le tendenze del mercato attuale.

Come mai la scelta di aprire a Milano?È stata dettata dalla sua crescente importanza nel panorama internazionale dell’arte. Da sempre sede di gallerie storiche e artisti, negli ultimi anni c’è stato un significativo aumento di spazi espositivi. Dopo la Brexit, è diventata ancora più strategica, grazie alla sua posizione centrale in Europa, alla vivacità del mercato e agli incentivi fiscali. L’apertura della nostra galleria a Milano ci permette di essere parte di questa evoluzione dinamica. Ci pensavamo da tempo.

Galleria Mazzoleni

Dove sarà la galleria e in che tipo di spazio?Sorgerà in via Senato 20, al piano terra interno cortile di un edificio, in una delle aree storicamente e culturalmente più significative della città, a pochi passi dall’Archivio di Stato, dalla Biblioteca di via Senato, dai Giardini Pubblici dalla Gam e dal Pac, ma anche dal Quadrilatero della Moda.

Quale sarà la prima mostra?Lo spazio aprirà ufficialmente in autunno con una mostra che annunceremo nei prossimi mesi e che rappresenterà entrambi i filoni di ricerca che definiscono la nostra identità: la valorizzazione del dopoguerra italiano e l’interesse per la ricerca contemporanea. Vogliamo andare oltre la tradizionale distinzione tra arte storicizzata e contemporanea, proponendo un programma espositivo profondamente ancorato al presente, senza vincoli generazionali.In attesa dell’inaugurazione ufficiale, la sede sarà visitabile su appuntamento con un allestimento che racconta la nostra storia più recente, attraverso le pubblicazioni e le mostre dell’ultimo decennio.

Negli ultimi due anni il mercato dell’arte ha sofferto un rallentamento. In che modo e in che fascia di prezzo lo avete avvertito?Nel 2023 il rallentamento si è concentrato soprattutto nella fascia alta del mercato: le vendite di opere oltre il milione di euro hanno subito una contrazione, mentre il segmento medio-basso ha mostrato maggiore tenuta. Nel 2024 la tendenza si è confermata per i nuovi collezionisti, riscontrando una maggiore selettività anche tra gli acquirenti abituali, con attenzione rivolta a opere di qualità, storicizzate o con solidi contenuti curatoriali.

Quali sono le prospettive dal vostro punto di vista? Ci sono segnali di ripresa o ancora no?Guardiamo al futuro con un cauto ottimismo. La maggior parte dei collezionisti HNW si dichiara fiduciosa per il 2024–2025, secondo il report UBS, e anche noi registriamo una ripresa dell’interesse, seppur lenta, soprattutto nei contesti fieristici e privati. Da una parte, il calo dell’inflazione e l’attesa diminuzione dei tassi di interesse stanno creando un clima più favorevole agli investimenti culturali e al collezionismo; dall’altra, l’instabilità geopolitica continua a rappresentare un freno trasversale per tutti i settori economici, incluso il mercato dell’arte.

A livello geografico, quali sono i mercati più forti al momento, e su quali avvertite più forte la crisi, considerate le vostre sedi internazionali e le fiere a cui partecipate?L’Estremo Oriente asiatico ha mostrato una forte reattività nel periodo post-lockdown, con una ripresa rapida e l’ingresso di numerosi nuovi collezionisti, in particolare in Cina. Il Regno Unito, al contrario, ha perso terreno, anche per l’impatto della Brexit. L’Italia si conferma per noi un mercato solido, con un collezionismo attento, intergenerazionale e sempre più informato. Abbiamo, invece, rilevato un rallentamento più marcato in alcune aree dell’Europa continentale e negli Stati Uniti, che, pur mantenendo la leadership a livello globale, hanno mostrato una maggiore cautela, in particolare, in ambito fieristico, dove la domanda si è contratta su alcune specifiche fasce di prezzo.

Come è cambiato il collezionismo in Italia? Negli ultimi anni è profondamente cambiato. È aumentata la consapevolezza e l’informazione da parte dei collezionisti che, anche grazie alle piattaforme digitali, si muovono con maggiore competenza e attenzione. Il ricambio generazionale stenta ancora a decollare, e questo potrebbe rappresentare una criticità sul lungo periodo, ma si stanno affacciando nuovi collezionisti interessati non solo all’investimento, per i quali è fondamentale la profondità della ricerca artistica.

Si compra o si vende di più in Italia?Osserviamo una buona vivacità sia sul fronte delle acquisizioni sia delle dismissioni: chi compra lo fa in modo più selettivo, mentre chi vende spesso coglie l’opportunità di una rivalutazione in corso, in particolare per gli italiani del secondo dopoguerra. In generale, oggi in Italia si compra e si vende con maggiore consapevolezza e attenzione alla qualità.

Cogliete più le difficoltà del mercato tra gli artisti storicizzati o quelli contemporanei? Per gli artisti storicizzati il mercato rimane solido, ma richiede un costante lavoro di valorizzazione e contestualizzazione critica per mantenere viva l’attenzione dei collezionisti. Per gli artisti contemporanei, il pubblico si dimostra generalmente ricettivo, ma il mercato risulta più volatile e sensibile alle dinamiche economiche e culturali del momento. Un fattore determinante è il regime fiscale applicato alle opere d’arte contemporanea. Attualmente, in Italia, l’aliquota Iva ordinaria del 22% si applica alla maggior parte delle transazioni, rendendo il mercato nazionale meno competitivo rispetto ad altri Paesi europei, come Francia (5,5%) e Germania (7%). Angamc e Italics, di cui siamo consorziati, stanno lavorando in sinergia per un auspicabile allineamento con gli altri Paesi europei.

Tra i vostri artisti, quali stanno attirando le maggiori attenzioni in Italia e all’estero? Oltre a quelli consolidati del dopoguerra italiano, da Alberto Burri e Lucio Fontana, riscontriamo una crescente attenzione verso Salvo, protagonista di una riscoperta critica e collezionistica di ampio respiro. Il lavoro svolto dall’Archivio negli ultimi anni ha contribuito a restituire centralità alla sua ricerca, rafforzando un collezionismo trasversale, che va dagli Stati Uniti fino all’Estremo Oriente. Grande interesse anche per il percorso di Marinella Senatore, il cui lavoro si distingue per l’impegno sociale e la capacità di attivare comunità attraverso processi partecipativi. La sua presenza nella sezione Unlimited della prossima Art Basel, curata da Giovanni Carmine, ne conferma la rilevanza internazionale e l’attualità della sua ricerca.

Prevedete di inserire nuovi artisti in programma nel prossimo futuro? Il nostro obiettivo principale rimane quello di rafforzare il lavoro con gli artisti che rappresentiamo, sostenendo i loro progetti a livello internazionale. Non escludiamo, tuttavia, l’inserimento di nuovi artisti, come recentemente Iran do Espírito Santo, brasiliano di rilevanza internazionale (già nelle collezioni del MAXXI, del MOMA e del Guggenheim di New York), al quale abbiamo dedicato una personale a Londra nell’estate 2024 e che sarà protagonista di una mostra a Torino in autunno, in concomitanza con Artissima.

Ha collaborato Beatrice Miatto

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